Insegnamenti
Che cosa fa sì che in un contesto (come quello della capanna sudatoria) sia più facile lasciarsi andare all’esperienza di attraversamento? Un elemento ben p reciso: l’alterazione.
Nella capanna sudatoria c’era uno stato alterato indotto, in quel caso dal calore, dal vapore ecc … Il calore corporeo unito al suono (un suono concentrato in un ambiente ridotto), unito al fatto che ci si trovava al buio, e quindi non si veniva visti, bene tutto ciò permette che in ognuno avvenga un fenomeno: l’alterazione. In quel caso si trattava di un’alterazione “artificiale”, ossia grandemente favorita dagli elementi ambientali.
Ciò che può trasformare quell’evento “artificiale-ambientale” in un vero e proprio strumento è il fatto che una volta sperimentata una specifica condizione, dopo aver riconosciuto possibile un certo tipo di percorso-processo, allora tutti i fili sono nostra disposizione in qualsiasi momento e in qualsiasi contesto ambientale. Ci si permette, allora, che quella specifica condizione di attraversamento riaccada magari in un assetto esterno un po’ più ostico. Se è accaduto una volta è rimasta una informazione utilizzabile.
Ma vi sono anche altri elementi che percepisco essere parti integranti della difficoltà di attraversare un’ esperienza: il fatto che attraverso un’alterazione, e attraverso un contesto costruito, sia evidente che di rito si tratta. Il rito permette l’utilizzo di un determinato linguaggio. All’interno del rito stesso è contemplata la trascendenza, ossia la trasformazione, mentre quando facciamo i nostri incontri [in una palestra] è sempre necessaria un preparazione molto lunga. Si arriva a quella condizione dopo tutto una serie di sollecitazione, e, comunque anche allora, il linguaggio non è mai un linguaggio congruo, adeguato.
Si può supporre che vi sia una soglia, varcata la quale le condizioni cambiano, e essa sia una soglia simbolica, ma anche una soglia rinvenibile nella realtà. Quando si costruisce una struttura e si attribuisce a essa il compito di rappresentare la soglia, allora si crea realmente quella condizione. Ciò significa, in altri termini, che noi abbiamo ancora bisogno delle chiese per pregare, e che al di fuori di quel contesto non ci autorizziamo la condizione-possibilità per fare determinate esperienza. E, allo stesso modo, significa che abbiamo bisogno anche di tutti i parafernali, e di quegli uomini che rappresentiamo nella veste del Tramite, cui attribuiamo il compito di metterci nella relazione con il Padre, o chi per esso.
Dipende da noi costruire quelle strategie interiori per rendere possibile l’allineamento in ogni luogo di quella condizione. Significa che, in qualche modo, si tratta di una condizione mentale oltre che spirituale, oltre che comportamentale, che noi mettiamo in atto. Dobbiamo quindi interrogarci se la nostra difficoltà a entrare in questa relazione costante, e a stare in tale relazione, non sia data dai nostri schemi mentali, che sono un ostacolo reale a questa esperienza.
L’alterazione dove accade? Accade in noi, ma esattamente dove e come accade? Dentro o fuori? Nella mente, nel corpo o nello spirito? Nel nostro essere esteso?
Il nostro essere esteso è probabilmente funzionale a creare una condizione complessa. La complessità data dell’essere esteso è la condizione grazie alla quale posso attraversare la rappresentazione del mondo.
L’esperienza ti estende o ti cristallizza? Dipende: se riesci a contemplare l’insieme di un’esperienza allora essa ti ha esteso; se invece, di quell’esperienza trattieni una parte, o ti caratterizzi attraverso quell’esperienza, ecco che hai escluso tutto il resto del mondo possibile.
La domanda che ci stiamo ponendo è: “Dove accade la modificazione-alterazione? Dove accade l’esperienza della modificazione-alterazione?
Nonostante noi viviamo la stessa esperienza, e l’informazione che viene attivata sia la medesima, ognuno può entrare in quell’esperienza solo partendo dalla propria condizione: può entrare nell’esperienza a partire dal proprio livello di realizzazione. Ma che cosa significa il ‘proprio livello di realizzazione’? Vuol dire aver acquisito nell’arco del tempo una strutturazione di connessioni del corpo energetico sul piano fisico, mentale, emotivo, spirituale complessivo. Per esempio, posso fare la stessa esperienza di qualcuno che è al mio livello di realizzazione, o che per fare l’esperienza di un altro devo avere almeno in potenza quel livello di realizzazione, altrimenti faccio comunque un’esperienza, ma la faccio ovviamente con gli strumenti che ho a disposizione e che sono strumenti interpretativi.
Che cosa sono gli strumenti interpretativi?
Sono strumenti che ognuno ha a disposizione e che utilizza per decodificare la realtà, anche nel caso di realtà sottile. Quindi se la rappresentazione che noi utilizziamo maggiormente, in quanto più strutturata, è quella emozionale, essa metterà in atto dei processi per permetterci di individuare l’ambito del quale stiamo facendo esperienza. Ciò che (Giuliana) io cerco di attivare è una sollecitazione di quella parte che può interagire, perché ognuno deve evolvere all’interno di quell’esperienza, non può essere immaginato fuori dall’esperienza, perché l’esperienza noi la facciamo collettivamente e ci comprende. L’esperienza che faremo questa sera è possibile a partire dal potenziale energetico di chi c’è, ma anche con la capacità intellettiva di chi c’è, ma anche con le caratteristiche che sono proprie di ognuno. La stessa informazione che faccio agire qui, se la faccio agire da un’altra parte non avrà lo stesso tipo di implicazioni, perché ognuno interiormente è strutturato in una maniera differente, e sono tante le variabili che il nostro lavoro potrebbe andare avanti all’infinito. Per fortuna non va avanti all’infinito: una volta attivati alcuni processi essi diventano delle chiavi di lettura esponenziali.
Tornando alla questione dell’esperienza: non solo è necessaria un’alterazione, uno scuotimento esterno. Lo scuotimento esterno serve a mettere in atto una sospensione rispetto alla propria convinzione di quel momento. Lasciar cadere tutte le cose che ci legano alla contingenza. Lo scuotimento serve a questo: creare una sospensione, o creare dell’esasperazione, o creare l’innalzamento della condizione nella quale si è.
Fatto questo, cioè shakerato il nostro involucro e attivatolo (bisogna dare la carica alla sveglia affinché possa funzionare), dobbiamo entrare, sprofondare nella parte che sta agendo in quel momento, sempre per poter decodificare e capire.
Questo non basta, ci vuole anche una direzione. Dove andiamo? A conoscere cosa? A sperimentare cosa? A compenetrare cosa? La direzione. Quindi: scuotimento, sprofondamento, direzione.
Per quanto riguarda la direzione, essa attiene ai piani di realtà che uno riesce a immaginare. Se noi fossimo in un contesto religioso-filosofico diverso da questo, potremmo contemplare solo alcuni piani, o volendo contemplare alcuni piani di azione filosfico-spirituale-religioso, una serie di esperienze non sarebbero possibili.
Che cos’è la connessione tra i piani? Il gesto totale. Essere totalmente in quello che fai. Da una parte sembra una semplificazione del gesto, il gesto diventa unico, ma coerente con tutto. Gesto rituale e un unicità. Che cos’è che rende un gesto rituale? Il fatto che sia unico, cioè che sia allineato nel tempo. Questo rende un gesto gesto rituale. Il fatto che nel tempo in cui lo interpreti ti colleghi all’eternità di quel gesto steso, non c’è altra cosa che quello.