Insegnamenti
Che cosa ci trasforma in ricercatori? Poi non è detto che troviamo qualche cosa, ma almeno ci mettiamo nella condizione di ricercare.
Forse ciò che ci trasforma è il senso della dignità dello Spirito. Lo Spirito ha una sua dignità e, grazie a questo senso di dignità dello Spirito, io mi accorgo che ci potrebbe essere un modo diverso di stare nella vita. Mi accorgo non tanto di un senso di inadeguatezza (perché se fosse questo, il fastidio sarebbe troppo forte, e probabilmente non mi manterrei fedele alla ricerca). Mi accorgo che c’è una «qualità», mi accorgo che c’è «qualcosa», ma non so ancora dire cosa, ma mi fa intravedere una condizione di possibilità e un ‘me’ diverso, percepisco cioè che potrei essere un’altra cosa grazie a questa condizione dello Spirito.
È anche vero che se siano troppo addormentati e se abbiamo chiuso le orecchie se abbiamo un velo davanti agli occhi che ci impedisce di vedere e di accorgerci, se non sentiamo il sapore, l’odore di questa condizione che è diversa, e soprattutto se non accade nulla è molto difficile per noi trovare da soli, separatamente, la determinazione e l’impulso a mantenerci fedeli alla ricerca. Molto difficile. Da soli lo facciamo una volta, due volte, dieci volte e poi smettiamo di farlo: non succede niente, non accade niente. È molto difficile quando non accade niente rimanere fedeli alla propria volontà di ricerca.
Quando diciamo «non accade niente», in realtà che cosa stiamo dicendo? Stiamo dicendo che noi ‒ separatamente, individualmente ‒ non siamo in grado di muovere dentro noi stessi alcunché. Perché, se fossimo in grado di muovere dentro noi stessi qualcosa, qualcosa accadrebbe. Chiaro?
Così come nella vita di tutti i giorni siamo in grado di mettere in movimento tante cose e poi di realizzarle, non ci annoiamo perché proiettiamo delle cose, o sentiamo che su di noi si proiettano delle cose, e in virtù di questo seguiamo il movimento che le cose hanno. Potremmo allo stesso modo agire interiormente così, ma non lo facciamo, perché non riconosciamo a questa condizione interna una possibilità. Quindi quando mi siedo, ho la sensazione che non succeda niente. C’è il vuoto. Allora che cos’è la meditazione? Che cos’è meditare?
Se meditare è mettere in atto una sospensione tra il troppo pieno della vita di tutti i giorni, quindi una sospensione dall’assorbimento, dalla sopraffazione o stress, e allora sedersi è desiderio di staccare rispetto a questo, allora va bene che io trovi il vuoto o che ricerchi il vuoto o che cerchi di fare silenzio. Ma se in questa condizione di silenzio io non trovo agio, non trovo ristoro, non ‘trovo’, probabilmente devo fare qualcos’altro. Altrimenti mi perdo, smetto di essere un ricercatore. E questo non va bene.
Se metto in atto dentro di me un ascolto, mi accorgo di ciò che si muove. Però uno potrebbe dire: «questo è ciò che già conosco, già ho una buona consapevolezza di me». Non mi interessa di sentire questa cosa, mi interessa di sentire e sperimentare qualcosa’altro. Per sentire e sperimentare qualcosa’altro devo essere in grado di mettere in movimento questo qualcos’altro, di individuarlo, di capire che cosa significa agire qualcos’altro, provocarlo, costruirlo, altrimenti non succede nulla.
Spesso credo ci sia una mistificazione su che cosa significa meditare. Ci sono diversi livelli, obiettivi minimi di partenza realizzati i quali poi ci sono altre possibilità che da lì partono e si incontrano strada facendo.