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La natura vibratoria e simbolica della cultura tibetana
Quando ci avviciniamo per conoscere una forma sia essa culturale o espressiva, o ci avviciniamo a filosofie o discipline spirituali , dovremmo approcciare quelle esperienze considerando i differenti contesti comportamentali dati dall’ambiente. Dovremmo contestualizzare, cioè inserire la manifestazione nell’ambito di appartenenza, e nello stesso tempo ampliare la visione personale con la quale ci apprestiamo a fruire di ciò che ci viene offerto come oggetto, per poter conoscere.
Senza questa pre-condizizione il nostro intento conoscitivo rimane monco, e la sensazione di non aver potuto cogliere significati o informazioni, ci lascia un senso di incompiutezza.
Molte rappresentazioni iconografiche sono la risultante di molti elementi: in primo luogo il sistema di valori in essere in una certa area geografica con influenze territoriali che si sono stratificate nel tempo, il linguaggio e le sue cacofonie,le sensibilità date da consuetudini emozionali, e i riti che ogni popolo ha mantenuto nel tempo e che sottendono alla vita quotidiana come fossero una nota vibrante, che accompagna la vita e che proprio per questo non viene espressa ne dichiarata.
Ogni cultura esprime valori che fanno riferimento a ciò che è in essere vale a dire ciò che è evidente, e a ciò che è non manifestato e per questo latente.
Assistere per esempio alla cerimonia di un monaco che recita i propri mantra mentre costruisce un mandala di sabbia, è per molti occidentali affascinante ma incomprensibile, perché la natura di questa esperienza si muove su un piano di rappresentazione dove mente, suono e immagine sono una cosa sola, e sono funzionali a creare uno stato mentale “direzionato” cioè privo di interferenze.
Lo scopo è di natura sottile,non visibile con l’occhio se non interiore.
Quello che si crea è un campo vibratorio connotato dalla frequenza del pensiero che lo ha espresso, o un campo di tipo emozionale atto a richiamare o evocare emozioni di quiete e pace funzionali allo stato meditativo.
O di attivazione e destrutturazione di stati inconsci angoscianti, che in quanto tali sono costitutivi del cammino esistenziale dell’uomo, ma che in un contesto evolutivo distolgono la mente dalla scopo che l’esperienza umana si pensa rappresenti, e per questo da allontanare.